LA FIDEF SULLA INDIVIDUAZIONE DEI CONTRATTI DA ASSUMERE A RIFERIMENTO PER L’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA PREVIDENZIALE E DI FINANZA PUBBLICA.
La funzione deI
CCNL è quella di dettare il trattamento economico e normativo valido
per tutti i lavoratori di un certo settore, funzione
garantita da quasi tutti gli ordinamenti che prevedono che detto
istituto sia teso ad estendere le norme collettive a tutti i soggetti (datori e
prestatori) operanti in uno specifico settore. Pertanto il CCNL regola il rapporto
tra il lavoratore e la parte datoriale per tutte le categorie di
lavoratori, sia esso dipendente che parasubordinato.
Quest’ultima tipologia, include anche quella della “Collaborazione
coordinata e continuativa”, che trova regolamentazione nei CCNL. Ciò
anche in considerazione del continuo aumento del numero di aziende e di lavoratori, che scelgono detta tipologia lavorativa.
Con riferimento alla convenzione attuativa sottoscritta, il 19/9/2019,
tra Inps, Inl, Cgil, Cisl, Uil e Confindustria,
sulla misurazione e la certificazione della rappresentanza sindacale, riteniamo che la
“rilevazione dei Contratti” da assumere a riferimento non può
limitarsi ad individuare il solo numero degli occupati che
rivestono la qualifica di lavoratori dipendenti, ma di tutte le categorie dei
lavoratori a cui viene applicato lo stesso CCNL, anche in considerazione della
tipologia di impresa, così come individuate dal DM18 aprile 2005 delle "piccole
e medie imprese".
Sul “Flusso UniEmens”
Si ritiene che la rilevazione deve
interessare tutte le categorie dei lavoratori e non solo quella dei
dipendenti. A tale scopo è ipotizzabile che il
software dell’INPS per il flusso UniEmens, debba poter
acquisire il dato riguardante il CCNL applicato per tutte
le categorie di lavoratori:siano essi dipendenti e parasubordinati.
Dato
Contrattuale che, di contro, trova la sua collocazione (possibilità
di indicarla) nella compilazione dell’UNILAV relatvo a tutti i lavoratori assunti e non solo per i lavoratori dipendenti.
Sulla rappesentanza “RSU”
E’ da evidenziare che nella
prassi delle relazioni industriali, la densità associativa delle organizzazioni
di rappresentanza, specie in quelle che operano in settori caratterizzati dalla
presenza diffusa di aziende di piccola dimensione, resta un indicatore che, in
assenza di altri punti di riferimento, rischia di sviare, anzichè favorire,
l’individuazione del sistema contrattuale costituita da soggetti in grado di
interpretare e rappresentare l’interesse collettivo nelle dinamiche di regolazione
e governo del mercato del lavoro. Le micro e piccolissime imprese rappresentano
il 93,3% delle aziende italiane, pari ad oltre 1 milione e mezzo di realtà ed,
occupano 5,1 milioni di addetti (dato Consulenti del lavoro).
Nelle predette aziende non avviene
l’elezione della RSU, cioè del Responsabile sindacale unitario ed i sindacati
sono poco presenti, in particolare Cgil, Cisl e Uil, in quanto il rapporto che
intercorre tra il personale e la gestione è più di tipo professionale-affettivo
che aziendale. La convenzione di cui sopra interessa, semmai, le attività i cui
livelli occupazionali sono decisamente alti ed il rapporto datore di
lavoro-collaboratori richiede una presenza sindacale diffusa e capillare.
Quello che si intende
sottolineare, prescinde dalla fattispecie dell’accordo stipulato dalla
Confindustria con i sindacati CGIL, CISL e l’UIL, Inps ed l’Inl che evidenziano
l’esigenza di fissare le regole che definiscano la rappresentatività delle
organizzazioni sindacali, e di conseguenza l’individuazione dei contratti
collettivi considerati leader, in quanto comparativamente più rappresentativi
rispetto a quelli che vengono utilizzati per fare dumping sociale a danno dei
lavoratori.
Luca Paladino, presidente Fidef