RITENUTA SU COLLABORAZIONI DALL'ESTERO
La risposta all'interpello n. 354/2020 mette in
luce diversi elementi da tenere in
Il perimetro di applicazione della ritenuta
applicabile alle collaborazioni autonome non comprende le prestazioni svolte
all’estero. Lo conferma l’Agenzia delle Entrate. Limitatamente ai collaboratori
non residenti, infatti, si applica l’art. 23, c. 1, lett. d) del Tuir secondo
il quale sono soggetti a tassazione in Italia i soli redditi da lavoro autonomo
derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato. A tale norma
corrisponde, sotto il profilo degli adempimenti, l’art. 25, c. 2, D.P.R. 600/1973:
tale norma richiede ai sostituti di imposta italiani che corrispondono i
predetti redditi da lavoro autonomo, l’applicazione di una ritenuta a titolo
d’imposta nella misura del 30%. Tale ritenuta non si applica, appunto, ai
compensi per le prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e a quelli
corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
Per escludere la ritenuta, dunque, occorrono 2
elementi: svolgimento della prestazione all’estero e residenza estera.
Sul primo elemento (svolgimento della
prestazione all’estero) l’Agenzia parte dall’ipotesi che una parte della
prestazione si può svolgere in Italia. In questo caso, qualora la prestazione
non assuma una rilevanza tale da potersi considerare autonoma, tutta la
prestazione si considera svolta all’estero. Il caso esaminato dall’Agenzia
riguarda un artista incaricato di eseguire i concerti all’estero e le prove in
Italia. L’Agenzia ha riconosciuto che le prove, per le quali non era previsto
alcun compenso, non caratterizzavano la prestazione: pertanto, non era
possibile attribuire parte del compenso alla prestazione svolta in Italia.
Sul secondo elemento (residenza estera)
l’Agenzia ricorda una prassi che risale alla risoluzione 3.02.1977, n. 762: la
residenza estera va dimostrata mediante esibizione di apposita certificazione
di residenza fiscale all’estero, rilasciata dalla competente autorità fiscale
estera.
Infine, l’Agenzia ricorda che la disciplina
convenzionale prevede una distinzione tra attività artistiche e attività
derivanti da altre attività di lavoro autonomo. Ai rapporti con gli artisti
torna applicabile la disciplina convenzionale contenuta nell’art. 17 delle
Convenzioni stipulate dall’Italia e conforme ai modelli OCSE. La disciplina
comporta una tassazione non esclusiva del Paese di residenza, sicché l’Italia
conserva il diritto concorrente di tassare il reddito degli artisti per le
prestazioni svolte in Italia.
Per le altre prestazioni professionali (diverse
da quelle artistiche) dei lavoratori autonomi non residenti, la norma
convenzionale (dove applicabile) prevede la tassazione esclusiva del Paese
della residenza; il lavoratore autonomo, residente di un Paese che ha stipulato
una Convenzione con l’Italia, non subirà mai tassazione italiana nemmeno quando
la prestazione avviene in tutto o in parte nel nostro Paese. Per evitare la
ritenuta, comunque, il lavoratore autonomo dovrà fornire al committente idonea certificazione
della propria residenza fiscale, quindi un certificato vistato dalla autorità
fiscale di competenza.