L'articolo 1 bis,
comma 7, della legge 3 febbraio 2006, n. 27, di conversione del decreto legge
5 dicembre 2005, n. 250, ha abrogato l'articolo 352 del decreto legislativo
16 aprile 1994, n. 297 privando l'Amministrazione scolastica della competenza
ad emettere i provvedimenti di "presa d'atto" relativamente alle
scuole meramente private.
Tale abrogazione ha aperto problemi in ordine all'esenzione dall'I.V.A. delle
prestazioni didattiche in quanto l'articolo 10, n. 20, del D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633 consente tale regime fiscale alle scuole
"riconosciute" da pubbliche amministrazioni. Della questione si
sono occupati anche l'Autorità per la concorrenza sul mercato e la
Commissione europea chiedendo chiarimenti in ordine ai profili di disparità
di trattamento fiscale, pur in presenza di sostanziale identità di attività
svolta, che si producono tra soggetti in possesso del provvedimento di
"presa d'atto" e quelli che non possono averla a seguito del nuovo
quadro normativo introdotto dalla legge 27/2006. La questione rientra nelle
competenze del Ministero dell'economia e delle finanze essendo le
problematiche fiscali estranee al quadro di attribuzioni di questo Ministero
che viene peraltro ad essere indirettamente coinvolto in quanto ritenuto
depositario delle competenze tecniche necessarie per valutare la natura
educativa e di istruzione delle attività svolte dai soggetti interessati.
In spirito di collaborazione interministeriale, pur nel ribadire l'estraneità
delle questioni fiscali al proprio ambito di competenza, questo Ministero ha
stabilito interlocuzioni con l'Agenzia delle entrate cui la presente è
diretta per conoscenza, proponendo soluzioni operative al delicato problema
apertosi. Tali soluzioni sono state, almeno in parte, condivise e la presente
circolare fornisce indicazioni sugli adempimenti che il Ministero della
pubblica istruzione, attraverso i propri organi periferici, può svolgere per
consentire un "riposizionamento" dell'azione dell'Amministrazione
statale in materia di esenzione dall'I.V.A. delle prestazioni didattiche in
conseguenza del venir meno di ogni possibilità di riconoscimenti formali. 1. AMBITO DI APPLICAZIONE
Prima di fornire istruzioni procedurali si ritiene necessario circoscrivere
l'ambito dei, pur limitati, adempimenti che il Ministero della PI fpuò svolgere
sulla materia senza esorbitare dai propri compiti istituzionali.
La questione non riguarda né i soggetti nei cui confronti sia stato emesso
decreto attributivo della parità scolastica né quelli che, all'esito
dell'entrata in vigore dello specifico regolamento previsto dalla legge n.
27/2006, saranno iscritti negli appositi elenchi regionali. In tali ipotesi
infatti il problema non si pone in quanto esistendo un provvedimento di
formale riconoscimento si versa in fattispecie rispetto alle quali la legge
27/2006 non ha alcuna incidenza. Il campo nel quale sono chiamate ad operare
le SS.LL. è costituito esclusivamente da quelle ipotesi nelle quali vi sia un
soggetto che eserciti, al di fuori di ogni riconoscimento, il diritto
costituzionale di libertà di insegnamento sancito dall'articolo 33 della
Costituzione.
Peraltro il D.P.R. 633/'72 fa riferimento a "riconoscimenti" di
"pubbliche amministrazioni" non conferendo quindi al Ministero della PI alcuna competenza esclusiva nella gestione della materia. Ne deriva
la limitazione del campo di attività delle SS.LL. ai casi in cui si tratta di
soggetti che esercitano attività rispetto alle quali sia ravvisabile una
competenza tecnica dell'Amministrazione scolastica in quanto riconducibile a
prestazioni didattiche corrispondenti ad aree presenti negli assetti
ordinamentali propri dell'istruzione (lingua, musica, istruzione
professionale, ecc…) e non ascrivibili alla competenza di altre pubbliche
amministrazioni (Università, Regioni, Ministero beni culturali, ecc…).
2. ADEMPIMENTI E PROCEDURE
Pur nella consapevolezza che, nell'ambito delle procedure fiscali,
l'esenzione dall'I.V.A. non costituisce beneficio al quale si accede
presentando apposita istanza, ma trova applicazione quando ricorrano i
presupposti previsti dalla norma fiscale, è da escludere che la
collaborazione interministeriale possa risolversi nell'instaurazione di un
rapporto diretto fra i soggetti interessati e gli organi delMinistero.
Ciò non solo creerebbe equivoci nell'opinione pubblica autorizzando a pensare
che il Ministero della pubblica istruzione eserciti ancora una vigilanza
sull'attività degli stessi e garantisca la qualità delle attività ma sarebbe
del tutto ultronea rispetto al quadro normativo inserendo nel procedimento
che porta il privato a fruire del regime fiscale di esenzione atti di
un'Amministrazione totalmente priva di
competenze istituzionali nel settore. La collaborazione ministeriale può realizzarsi esclusivamente mediante
l'esercizio di una competenza propria di questa Amministrazione che
costituisca espressione delle conoscenze tecniche nella stessa
istituzionalmente presenti. Pertanto, a richiesta delle Agenzie delle entrate
competenti per territorio ed esclusivamente alle stesse, saranno rilasciati
pareri tecnici relativi all'ascrivibilità dell'attività svolta dai soggetti
di volta in volta interessati ad una delle categorie concettuali indicate
nell'articolo 10, n. 20, del citato D.P.R. 633/'72, fermo restando quanto in
precedenza ricordato nel paragrafo 1. Qualora la documentazione trasmessa
dalle Agenzie non dovesse risultare sufficiente alla formulazione del parere
tecnico sarà cura delle SS.LL. richiedere alle stesse di disporre un
supplemento di istruttoria presso il soggetto privato interessato. |