Dal sindacato unico agli unici tre di Riccardo Girotto - martedì 29 settembre 2019 su EUROCONFERENCE
Lavoro Il diritto sindacale italiano visse un’epoca particolare, conosciuta come “corporativismo”.
In questo periodo i contratti collettivi acquisirono il potere di vere e proprie leggi: – vigeva un unico contratto collettivo per ogni settore; – l’efficacia di ogni contratto collettivo si estendeva trasversalmente a tutti i datori e tutti i lavoratori del settore, senza possibile diversa opzione; – ogni contratto collettivo risultava inderogabile in pejus, generando, altresì, una sostituzione automatica delle clausole in perdita inserite nei contratti individuali. A corollario di questo diritto sindacale certo, ma estremamente vincolato, venne sviluppato il Titolo I, Libro V, cod. civ., focalizzato nel colmare i limitati spazi interpretativi che venivano a crearsi nelle operazioni di applicazione contrattuale. Il diritto sindacale mirava, però, un obiettivo più alto, chiamato libertà, che prontamente venne recepito dalla Carta Costituzionale. L’articolo 39, Costituzione, propose una travolgente inversione di tendenza: poco apprezzata, poco conveniente, spesso poco nota a soggetti distratti (e qui si allunga il naso)……………………….
QUI DI SEGUITO LA NOSTRA NOTA
14 Ottobre 2019 a 18:50
Lo scrivente dottor Lucantonio Paladino, nella qualità di presidente della FIDEF – Federazione Italiana Enti e Scuole di Istruzione e Formazione, con riferimento all’oggetto ed a nome della federazione rappresentata, ritiene opportuno evidenziare quanto segue:
La funzione del CCNL è quella di dettare il trattamento economico e normativo valido per tutti i lavoratori di un certo settore, funzione garantita in quasi tutti gli ordinamenti che prevedono che detto istituto è teso ad estendere le norme collettive a tutti i soggetti (datori e prestatori) operanti in un dato settore. Pertanto, lo stesso, regola il rapporto tra il lavoratore e la parte datoriale, per tutte le categorie di lavoratori, sia esso dipendente che parasubordinato. Quest’ultima tipologia, include anche quella della “Collaborazione coordinata e continuativa”, che trova regolamentazione nei CCNL. Ciò anche in considerazione del continuo aumento del numero di aziende e lavoratori, che scelgono detta tipologia lavorativa. Tanto premesso, riteniamo che la “rilevazione dei Contratti” da assumere a riferimento” non può limitarsi ad individuare il numero degli occupati che rivestono la qualifica di lavoratori dipendenti, ma di tutte le categorie dei lavoratori a cui viene applicato lo stesso CCNL, anche in considerazione della tipologia di impresa, così come individuate dal DM18 aprile 2005 “piccole e medie imprese”. Sul “Flusso UniEmens” Si ritiene che la rilevazione deve interessare tutte le categorie dei lavoratori e non solo quella dei dipendenti. A tale scopo è ipotizzabile che il software dell’INPS per il flusso UniEmens, debba poter acquisire il dato riguardante il CCNL applicato per tutte le categorie di lavoratori: dipendenti e parasubordinati. Dato Contrattuale che, di contro, trova la sua collocazione (possibilità di indicarla) nella compilazione dell’UNILAV per tutti i lavoratori assunti e non solo per i lavoratori dipendenti. Sulla rappresentanza “RSU” E’ da evidenziare che nella prassi delle relazioni industriali, la densità associativa delle organizzazioni di rappresentanza, specie in quelle che operano in settori caratterizzati dalla presenza diffusa di aziende di piccola dimensione, resta un indicatore che, in assenza di altri punti di riferimento, rischia di sviare, anzichè favorire, l’individuazione del sistema contrattuale costituita da soggetti in grado di interpretare e rappresentare l’interesse collettivo nelle dinamiche di regolazione e governo del mercato del lavoro. Le micro e piccolissime imprese rappresentano il 93,3% delle aziende italiane, pari ad oltre 1 milione e mezzo di realtà, occupano 5,1 milioni di addetti (dato Consulenti del lavoro). Nelle predette aziende non avviene l’elezione della RSU, cioè del Responsabile sindacale unitario e i sindacati sono poco presenti, in particolare Cgil, Cisl e Uil, perché il legame che intercorre tra il personale e la gestione è più di tipo professionale-affettivo che aziendale. La convenzione di cui sopra interessa, semmai, le attività i cui livelli occupazionali sono decisamente alti ed il rapporto datore di lavoro-collaboratori richiede una presenza sindacale diffusa e capillare. Quello che si intende sottolineare, prescinde dalla fattispecie dell’accordo stipulato dalla Confindustria con i sindacati CGIL, CISL e l’UIL, Inps ed l’Inl che evidenziano l’esigenza di fissare le regole che definiscano la rappresentatività delle organizzazioni sindacali, e di conseguenza l’individuazione dei contratti collettivi considerati leader, in quanto comparativamente più rappresentativi rispetto a quelli che vengono utilizzati per fare dumping sociale a danno dei lavoratori. Luca Paladino