CASSAZIONE-INTERESSANTE SENTENZA PER DETERMINARE LA SUSSISTENZA DELLA SUBORDINAZIONE IN UN RAPPORTO DI LAVORO CO CO CO.
25 maggio 2016
Retribuzione fissa e carattere ripetitivo e predeterminato
della prestazione non sono sufficienti ad individuare la subordinazione nel
rapporto di lavoro
La Corte di Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza n. 10004/2016 dello scorso 16
maggio ha accolto, in parte, il ricorso che un’azienda aveva proposto contro la
decisione della Corte d’Appello dell’Aquila, la quale aveva accertato, sulla
base di presunzioni, relative al carattere fisso della retribuzione e alla
natura ripetitiva ed elementare delle mansioni svolte dal lavoratore,
l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un pizzaiolo e l’azienda
ricorrente, a fronte del contratto di
collaborazione coordinata e continuativa che invece era stato stipulato tra
le parti.
La sentenza è particolarmente interessante,
in quanto i giudici, traendo spunto dal caso di specie, chiariscono in
dettaglio gli elementi in base ai quali si può accertare la presenza di un
rapporto di lavoro subordinato. Innanzitutto, come già precisato e
pacificamente accolto dalla giurisprudenza della Cassazione, l’elemento
fondamentale per attestare la presenza della subordinazione in un rapporto di
lavoro è dato dall’assoggettamento del lavoratore alle direttive e al
controllo del datore di lavoro e il conseguente inserimento del lavoratore
nell’organizzazione aziendale in modo stabile ed esclusivo.
Assenza del rischio d’impresa, continuità
della prestazione, obbligo di osservare un orario prestabilito, cadenza e forma
della retribuzione, utilizzo degli strumenti di lavoro e ambiente lavorativo,
messi a disposizione del datore, costituiscono invece indici sintomatici della
subordinazione.
Da tenere in debita considerazione nella
valutazione della presenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato, è la
volontà contrattuale delle parti, dalla quale, comunque, non si può prescindere,
chiariscono i giudici. Va tenuto presente, pertanto, nell’interpretazione della
suddetta volontà, il nomen iuris voluto dalle parti contraenti
per identificare il contratto e il comportamento reale successivo delle parti
stesse, con la conseguenza che se sussiste contrasto tra dati formali e reali,
dai quali si può dedurre una diversa volontà contrattuale, occorre dare
prevalenza ai secondi (Cass. 21 ottobre 2014, 22289; Cass. 27 luglio 2009, n.
17455).
La
decisione dei giudici
Secondo la Cassazione, non vale a desumere il
carattere della subordinazione nel rapporto di lavoro la sola presunzione della
sua sussistenza, senza che tale apprezzamento venga corroborato da fatti noti
riferiti al caso concreto, trascurando di esaminare il contenuto dell’accordo,
ma solo facendo riferimento alla natura generica e alle mere caratteristiche
delle mansioni oggetto della prestazione, rappresentate da esecuzioni
ripetitive, elementari e predeterminate, che solitamente un soggetto che compie
una determinata attività professionale svolge (nel caso pizzaiolo) e al
carattere fisso della retribuzione, essendo, peraltro, quest’ultimo un
“elemento di contorno, non decisivo”, privo di valore, se singolarmente
considerato nell’iter di valutazione della subordinazione (si vedano in tal
senso, le sentenze: Cass. 17455/2009; Cass. 21028/2006).
Inoltre, chiariscono i giudici, l’inserimento
in azienda del lavoratore che presta la propria opera nelle forme della
collaborazione coordinata e continuativa è ammesso dal legislatore, come
rapporto di lavoro atipico, che le parti, secondo il principio di autonomia
contrattuale (art. 1322, c.c.), possono legittimamente introdurre nei contratti
di lavoro autonomo. Pertanto, se dal contratto emerge che le parti abbiano
inteso stipulare un contratto di lavoro simile, se il comportamento successivo
delle stesse non manifesta chiaramente una diversa volontà, da cui possa
dedursi mediante il riferimento a fatti concreti, il carattere della
subordinazione nel rapporto, prendendo a base dell’analisi i criteri chiariti
innanzi, tale forma negoziale resta valida.